Training autogeno e yoga per il rilassamento: cos’è e due esercizi

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Si sente sempre più parlare di training autogeno ma sappiamo davvero di cosa si tratta e quanto può aiutare questo metodo di rilassamento e cosa c’entra con lo yoga? Scopriamo qualcosa in più e come eseguire alcuni esercizi semplici per iniziare.

Cos’è il training autogeno

Si definisce training autogeno (TA) un insieme di tecniche psicoterapeutiche fondate sull’auto-distensione da concentrazione e capaci di influire positivamente sul sistema neurovegetativo. Per questo tali tecniche vanno a ripristinare il buon funzionamento di sistemi di organi su cui si scaricano tensioni e conflitti. Il training autogeno nasce tra il 1908 e il 1912 per opera dello psichiatra tedesco Johannes Heinrich Schultz che si basava sugli studi sull’ipnosi di Oskar Vogt. Vogt aveva constatato infatti che alcuni soggetti erano in grado di indurre autonomamente in se stessi uno stato di calma realizzando una “auto-ipnosi”.

Training autogeno e yoga: distinti ma molto vicini

Training autogeno e yoga sono molto vicini in realtà anche se è bene sempre distanziarli.
Lo yoga, come abbiamo visto in tanti articoli pubblicati sul nostro blog, si basa sull’adattamento. Tramite la pratica di questa disciplina si raggiunge, per mezzo di una concentrazione fisica e spirituale, un più alto stato di coscienza. Si possono riconoscere dei paralleli con la pratica del training autogeno che può essere definito come una sorta di “yoga occidentale”. In entrambe le tecniche c’è un itinerario comune per passare dall’Io al Sè. Se l’autorealizzazione è la meta comune ai due metodi, diversi sono gli approcci per arrivarci.

I benefici

Con il training autogeno si impara ad interpretare una “programmazione” vera e propria che investe il sistema centrale vegetativo. Praticare tecniche di training autogeno ci permette di venire a capo di disturbi funzionali d’origine nervosa come ad esempio cardiaci o gastrointestinali o mal di testa frequenti o ancora tensioni muscolari e dolori alla schiena e cervicali. Ci aiutano in caso di attacchi d’ansia, distimie depressive, alimentari. Aiuta a ritrovare la calma, dormire serenamente e senza risvegli notturni. Inoltre aiutano a mantenere una migliore concentrazione anche se sottoposti a ritmi molto frenetici e a periodi di forte stress.

L’allenamento con esercizi di base: il ciclo inferiore

Inizialmente è il terapeuta che insegna al paziente il metodo da seguire per riuscire ad elaborare il vissuto che emerge durante i momenti di “rilassamento” e per sviluppare la capacità personale di “autosuggestione”.

Vi sono esercizi più o meno complessi di training autogeno. La loro efficacia dipende dalla capacità di concentrazione e di auto-dominio. Una volta fatte proprie alcune tecniche base si riesce già a vedere come, davanti a un problema più o meno grande, riusciamo ad avere un atteggiamento più positivo che ci permette di vedere le cose con un occhio diverso e acquisire nuovo coraggio e forza di affrontare la situazione che ci affanna.

Per poter eseguire gli esercizi del training autogeno è necessario instaurare un atteggiamento di calma, interiore ed esteriore. Quindi non solo dobbiamo prepararci e predisporci a questo sentimento ma, allo stesso tempo, dobbiamo evitare di avere condizionamenti esterni (rumori, notifiche…).

Due esercizi di base: l’esercizio della pesantezza e del calore

Ecco due esercizi di base del training autogeno:

L’esercizio della pesantezza: agisce sul rilassamento dei muscoli. La persona che pratica l’esercizio fa passare nella mente il pensiero: “il mio corpo è pesante”. Si parte dai piedi espandendo la sensazione di pesantezza lungo tutto il resto del corpo fino al capo.

L’esercizio del calore: agisce sulla dilatazione dei vasi sanguigni periferici. Si immagina che il proprio corpo diventi caldo, focalizzando l’attenzione sulle diverse parti del corpo sempre a partire dai piedi fino alla testa. Durante questi esercizi di training autogeno le frasi che vengono ripetute sono, ad esempio,: “il mio piede è caldo”, “la mia mano è calda”.

Crediti foto copertina: Foto di Sage Friedman su Unsplash.